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Ortodossia Conoscenza

Brevi considerazioni sulle Chiese in Ucraina

La complessità storica dell’Ucraina, collocata in un crocevia cruciale tra Oriente e Occidente, ha condizionato non soltanto lo sviluppo politico e culturale di questa terra, ma anche quello religioso con la presenza di diverse comunità e istituzioni religiose, con una stragrande maggioranza di cristiani, con presenze ebraiche e islamiche.

Gli ortodossi, la comunità di gran lunga più numerosa, appartengono a due Chiese distinte: la Chiesa Ortodossa Ucraina – numericamente stimata intorno ai 20 milioni di fedeli – faceva parte fino al 27 maggio 2022, dal punto di vista canonico, del Patriarcato di Mosca e godeva di una limitata autonomia, stabilita già nel concilio episcopale del 1990; dopo che il 27 maggio 2022, in seguito alle risoluzioni prese nel Concilio della Chiesa Ortodossa Ucraina, è stata dichiarata la "piena indipendenza e autonomia della Chiesa Ortodossa Ucraina", questa chiesa non fa più capo a Mosca; tuttavia fino alla fine di settembre 2022 non sono ancora state ufficialmente pubblicate le modifiche dello Statuto di questa Chiesa che precisano gli effetti e lo status canonico della dichiarazione di maggio.

A capo di questa Chiesa è il metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina, Onufriy, eletto dall’episcopato ucraino nel 2014 e – in precedenza - confermato dal patriarca di Mosca.

Il metropolita Onufriy (immagine ufficiale dal sito della Chiesa Ortodossa Ucraina)

L’altra Chiesa è la metropolia di Kiev della Chiesa Ortodossa di Ucraina (sito ufficiale: https://www.pomisna.info/uk/), nata ufficialmente nel 2018 dalla fusione-riconciliazione di due Chiese precedentemente non riconosciute come canoniche dalle altre Chiese ortodosse, con un numero di fedeli stimato intorno ai 10 milioni di persone. La creazione di questa Chiesa non ha sopito del tutto una storia di divisioni e di riconciliazioni, vissute nel tentativo di ottenere il consenso alla creazione di questa Chiesa nazionale da parte del Patriarcato di Mosca, che l’ha sempre negata, considerando l’Ucraina parte del proprio territorio canonico. Ottenuta l’autocefalia e il rientro nella canonicità da parte del Patriarcato di Costantinopoli il cui primate Bartolomeo ha consegnato nel 2019 il Tomos (lettera) di autocefalia al metropolita Epifaniy (fatto che ha determinato la rottura della comunione da parte del Patriarcato di Mosca con il Patriarcato di Costantinopoli), si sono moltiplicate le tensioni e le polemiche nel mondo ortodosso, non solo in Ucraina, dove c’è stato un ulteriore irrigidimento dei rapporti tra le gerarchie delle due Chiese ortodosse.

Il Metropolita Epifaniy (dal sito ufficiale della Chiesa Ortodossa di Ucraina)

In Ucraina occidentale ha una forte presenza la Chiesa greco-cattolica ucraina (sito ufficiale), nata dall’unione di Brest, con cui nel 1596 una parte della metropolia di Kiev e Galizia entrò in comunione con il vescovo di Roma, conservando una propria autonomia giuridica e mantenendo il rito bizantino.

La nuova cattedrale Greco-cattolica a Kiev. Fonte: sito ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

Si tratta di una Chiesa sopravvissuta a secoli di discriminazione, che ha subito, una volta che questo territorio è entrato a far parte dell’Unione Sovietica, una pesante persecuzione, terminata solo nel 1990 con il riconoscimento giuridico statale della sua esistenza. In Ucraina sono presenti anche comunità cattoliche di rito latino (sito della diocesi di Kiev-Zhitomir), portatrici di tradizioni molto diverse tra di loro.

La Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

La storia della Chiesa Greco-Cattolica ucraina inizia ufficialmente nel 1596, quando con l'Unione di Brest la metropolia lituano-russa venne accolta nella comunione con la Chiesa di Roma da papa Clemente VIII. Rispetto all'unione sancita al Concilio di Ferrara-Firenze (1439), che – seppur poi rigettata in Oriente e rivelatasi perciò inefficace – si concepiva come una unione tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente nel loro insieme, l'unione di Brest si configura come l'atto di accoglienza di una metropolia all'interno della Chiesa cattolica, che tuttavia vedeva il papa riconoscere l'autonomia interna della metropolia lituano-russa, mantenendo questa inoltre tutta la sua tradizione rituale, spirituale e celebrativa. Sul significato di questa unione sono ancora preziose e illuminanti, nella loro chiarezza, le parole scritte nel 1947 dallo storico A.M. Ammann nella sua monumentale Storia della Chiesa russa e dei paesi limitrofi (UTET, Torino 1948, p. 183), che citiamo quasi letteralmente, solo adattando talune espressioni al linguaggio odierno: «L'unione conchiusa a Brest è, nella storia della Chiesa Universale, in quella di tutte le chiese d'Oriente e delle Slavo-orientali in particolare, un avvenimento della più alta importanza. Ebbe altra grande influenza sulla storia politica della Polonia e della Lituania.

La Chiesa Universale venne arricchita di un numero sempre crescente di fedeli orientali. Essi contribuirono in gran parte, nel corso dei secoli, a tener desta la consapevolezza che la Chiesa non doveva identificarsi con l'Europa dell'Ovest e con lo spirito occidentale.

Dal punto di vista dell'insieme delle Chiese Orientali, gli effetti di tale Unione non sono altrettanto consolanti. La perdita numerica fu senza importanza, ma grande fu il danno ideale. L'unione a Roma di una di esse abbatté il principio, invalso da secoli e ancor oggi riconosciuto in quei paesi, che una tale Unione non si potesse effettuare se non da parte di tutte le Chiese unite e per opera di un concilio generale! Da un tal punto di vista l'Unione di Brest non è dunque tale, ma costituisce piuttosto una frattura.

Per la Cristianità slavo-orientale il suo significato è naturalmente assai grande. Contro ogni intenzione di quelli che la realizzarono, essa condusse col tempo i vescovati uniti a una condizione per cui, a giudizio di parecchi, essi non appartengono più veramente alla classica Chiesa Orientale e nemmeno alla Occidentale. Dal rito e dalla Chiesa di Brest si svilupparono, con l'andar dei secoli, il rito ruteno e la Chiesa rutena, una specie di sintesi tra le due Chiese e i due riti. Ma neppure per le diocesi rimaste separate da Roma l'Unione fu senza importanza. Le energie intellettuali e scientifiche che sotto il suo influsso si accumularono a Kiev esercitarono un influsso durevole, in parte di attrazione, in parte di repulsione, anche sulla formazione intellettuale e spirituale della Chiesa russa.

Dal punto di vista politico l'Unione ebbe importanza specie per la Polonia-Lituania, offrendo a questa repubblica il modo di costruire, nella sua comunità statale, un nuovo spazio culturale lituano-slavo orientale accanto a quello moscovita slavo-orientale, una vera e propria "regione intermedia", tra la Polonia occidentale e la Moscovia».

Dobbiamo aggiungere che, nel cammino di dialogo compiuto negli ultimi sessant'anni tra le Chiese Cattolica e Ortodossa, la presenza della Chiesa Greco-cattolica ha costituito un fattore di grande importanza, anche come origine di notevoli difficoltà di relazione. Tali difficoltà sono dovute principalmente alla differenza di valutazione - come sopra accennato – del fenomeno dell'Unione, che ha generato una storia sovente di contrapposizione e ostilità.

Dopo la caduta della cortina di ferro e il ripristino della libertà di esistenza della Chiesa Greco-cattolica nei diversi paesi dell'ex Unione Sovietica, si è non senza fatica addivenuti a un giudizio comune sul fenomeno dell'unione, che è stato espresso durante l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill del 12 febbraio 2016 con parole ancora oggi di grande attualità:

«24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno. Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella pace e nell’amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15, 5). Non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo chiamati a mettere in pratica il precetto dell’apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20). 25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.»

Queste parole, nella tragica situazione attuale, possono ancora essere utili per cercare un punto dal quale si possa ripartire nel desiderare e immaginare una ripresa del dialogo.

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Ortodossia conoscenza