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Dialogo Percorsi di pastorale

La conversione pastorale, tanto auspicata sia da Giovanni Paolo II sia da Francesco, implica un passaggio da una pastorale arroccata nella difesa dello status quo ad una pastorale missionaria. Per EG una vera pastorale missionaria non può che essere di prossimità nei confronti delle persone che incontra e quindi la sua caratura specifica è tutta incentrata nella misericordia. Oggi non è quindi più possibile pensare ad una pastorale rigida, posta in difesa di presunte verità di fede da dover difendere, in prospettiva identitaria.

La qualità spirituale delle comunità cristiane è disegnata dalla tensione, che esse stesse vivono, verso la ricerca della verità. Se la verità di Dio ci è stata donata in Gesù Cristo, grazie all’effusione dello Spirito Santo, questo stesso dono non solo non fa rinchiudere le comunità cristiane in se stesse, ma le chiama piuttosto a porsi in un cammino di ricerca di Dio, caratterizzato da un atteggiamento di viaggio-pellegrinaggio contemplativo verso tutti quei segni della presenza rivelatrice di Dio sparsi in ogni uomo e in ogni donna e, in una certa maniera specifica, nelle religioni del mondo.

Festa dei popoli presso la diocesi di Aversa

Dal punto di vista pastorale risulta così importante che, accanto a tutte le azioni pastorali che la Chiesa pone in atto a favore dell’annuncio kerygmatico, siano presenti anche le azioni pastorali che pongono le comunità cristiane in un atteggiamento di profondo dialogo (estraneo ad ogni benché minima volontà proselitistica e apologetica) con tutti i cammini di ricerca di senso e di Dio che gli uomini e le donne del nostro tempo intentano.

Parrocchie in dialogo. Pranzo interculturale progetto accoglienza e integrazione “La Casa di Francesco”, Scafati (Na)

Il primo frutto di questo dialogo pastorale interreligioso è il riconoscimento reciproco delle persone che dialogano. Si tratta di un riconoscimento che avviene all’interno di una cultura che ha ben ferma la mentalità della “convivialità delle differenze”. Si parte dalle differenze per arrivare ad altre differenze e non a punti in comune. L’obiettivo pastorale non è allora quello di determinare un esito al dialogo che sia quasi una sorta di minimo comun denominatore, come se solo nel consenso sulle cose comuni si possa arrivare alla pace.

Per una cultura del dialogo. Università ebraica di Gerusalemme

Grande rilievo rivelativo assume l’esito dell’amicizia in ordine alle pratiche del dialogo. Non si deve infatti dimenticare che, già per la DV, l’amicizia è l’obiettivo dell’autorivelazione di Dio agli uomini. In questo senso, l’amicizia tra persone di diverso orientamento culturale e religioso, frutto di una pratica dialogica, non è solo un apprezzabile valore umano ma anche il luogo dove avviene e si fa esperienza della rivelazione di Dio.

Per una teologia dialogica: