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Percorsi di dialogo/amicizia Ebraismo

«Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.» «L’essenziale è invisibile agli occhi» ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. «È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.» «È il tempo che ho perduto per la mia rosa...» sussurrò il piccolo principe per ricordarselo. «Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...» «Io sono responsabile della mia rosa...» ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

(Antoine de Saint Exupéry, Il Piccolo Principe, 1949/2011, Bompiani)

Percorsi di dialogo/amicizia – Ebraismo

Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su te sia pace!”.

(Sal. 122, 8)

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. (Gv 15, 13-15)

L’amicizia è un valore che ci lega agli altri, è un valore intimo ma non esclusivamente privato: “sei uno schiavo? – dice Zarathustra - Allora sei incapace di essere amico. Sei un tiranno? Allora sei incapace di avere amici” (Raniero Regni).

«Sembra, poi, che sia l’amicizia a tenere insieme le città, ed i legislatori si preoccupano più di lei che della giustizia: infatti, la concordia sembra essere qualcosa di simile all’amicizia; ed è questa che essi hanno soprattutto di mira, ed è la discordia, in quanto è una specie di inimicizia, che essi cercano soprattutto di scacciare. Quando si è amici, non c’è alcun bisogno di giustizia, mentre, quando si è giusti, c’è ancora bisogno di amicizia ed il più alto livello della giustizia si ritiene che consista in un atteggiamento di amicizia».

Aristotele, Etica Nicomachea 8,1.

L’amicizia autentica presuppone incontri significativi e duraturi con altre persone che ci completano, con le quali percorriamo tratti di strada in comune per soddisfare desideri, interessi e aspirazioni profonde, per arrivare a medesime conclusioni da punti di vista diversi. Con l’amicizia sincera e stabile, aperta e libera, e attraverso la conoscenza reciproca, il confronto e la comparazione, scopriamo la nostra diversità, la nostra assoluta specificità e possiamo comprendere e apprezzare la nostra singolarità, irripetibilità e libertà.

Francesco Alberoni, L’Amicizia

Foto Mattia Luigi Nappi - CC BY-SA 3.0

La storia del Dialogo ebraico-cristiano, frutto di un’Amicizia

La prima associazione di dialogo ebraico-cristiano nacque a Londra nel 1927, la London Society of Christians and Jews, con lo scopo "di incrementare la comprensione religiosa e promuovere atteggiamenti di buona volontà e cooperazione tra ebrei e cristiani nel rispetto reciproco delle proprie differenze di fede e di pratica religiosa, e di combattere l'intolleranza religiosa".

Un evento è stato determinante nella storia del dopoguerra: il 13 giugno del 1960, Jules Isaac (1877-1963) incontra in un’udienza privata Giovanni XXIII e inizia così una nuova storia nei rapporti tra ebrei e cristiani.

Storico francese di origine ebraica, ad Auschwitz Jules Isaac perde la moglie, la figlia e il genero. La tragica esperienza della Shoah lo rende consapevole della necessità di scavare nelle radici religiose dell'antisemitismo europeo fino a dimostrare che l'insegnamento del disprezzo degli ebrei nelle chiese è un tradimento della lettera e dello spirito dei vangeli.

Da qui la consapevolezza della necessità di una profonda riforma (redressement) dell’insegnamento cristiano.

Nel 1947, alcuni teologi di varie confessioni cristiane ed ebrei provenienti da 19 paesi, si incontrano a Seelisberg e sotto la regia di Isaac, definiscono i Dieci punti di Seelisberg, ancora oggi carta fondante del dialogo ebraico-cristiano.

Comincia la sua attività così, l’Amitié Judéo-Chrétienne de France fondata a Parigi nel 1948 e lo stesso Jules Isaac collabora per la costituzione della prima Amicizia ebraico-cristiana italiana, fondata a Firenze nel 1950 e sostenuta anche da Giorgio La Pira.

Già nel 1949, Jules Isaac, incontra Pio XII a Castel Gandolfo e, nella breve visita, gli consegna i punti fissati dalla Conferenza di Seelisberg. Nello stesso anno viene pubblicato il suo testo dal titolo Gesù e Israele, in cui invita ad un esame di coscienza e alla revisione delle antiche posizioni dottrinali rispettive, troppo spesso formulate «a base di collera e rancore», come scriverà all’amico André Chouraqui, il grande studioso dei tre monoteismi.

In seguito a tali avvenimenti ha inizio, all’interno della Chiesa cattolica, un cammino di presa di coscienza. Secoli di “disprezzo” da parte cristiana verso gli ebrei avevano anche offerto terreno fertile alle estreme conseguenze a cui era arrivato l’antisemitismo nazista sfociato tragicamente nella Shoah.

Fu l’inizio di un lungo e sofferto percorso di ripensamento che, all’interno della riflessione conciliare, portò all’approvazione della Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate, il più breve dei documenti del Concilio Vaticano II, ma forse anche il più sofferto, che vide la sua pubblicazione, dopo numerose stesure, nell’ottobre del 1965, alla vigilia della conclusione dell’assemblea conciliare.

Era l’inizio di una nuova fase per la Chiesa cattolica e per il mondo ebraico. Ma non solo. Infatti, sebbene la stesura finale di Nostra Aetate dedichi la parte più consistente e significativa ai rapporti fra la Chiesa cattolica e l’ebraismo, nei vari processi di revisione si è via via arricchita di parti rivolte anche al rapporto con altre tradizioni religiose.

Una vera svolta per la Chiesa, nella promozione di percorsi di incontro e amicizia.

Le Amicizie ebraico-cristiane oggi

Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane in Italia

Scopo fondamentale della Federazione è di favorire e sviluppare la conoscenza, la comprensione, il rispetto e l’amicizia tra Ebrei e Cristiani in una prospettiva di apertura e di dialogo con le religioni e gli uomini tutti, al fine di creare una convivenza umana dalla quale sia esclusa per sempre ogni forma di incomprensione e di odio.

La Federazione si impegna a combattere l’antigiudaismo, l’antisemitismo, il razzismo e l’intolleranza in ogni loro manifestazione.

International Council of Christians and Jews

Attualmente 38 gruppi nazionali in 32 paesi del mondo, impegnati nel dialogo ebraico cristiano, operano all’interno dell’International Council of Christians and Jews (ICCJ)

Nata come reazione alla Shoah, nella consapevolezza che occorre trovare nuove vie per esaminare le radici dell’odio e della paura che sono culminate in uno dei peggiori mali della storia umana, promuove il dialogo e la riconciliazione tra ebrei e cristiani. In anni più recenti l'ICCJ e i suoi membri sono sempre più impegnati nel dialogo abramitico che promuove l'incontro tra ebrei, cristiani e musulmani.

Prima sezione giovanile della storia dell’Amicizia ebraico-cristiana

Ebrei e cristiani: l'amicizia è il segno dei profeti

La Bibbia dell’Amicizia: un commento alla Bibbia scritto insieme, a più mani, da ebrei e cristiani, con lo scopo, non di arrivare a una lettura unificata, ma

«di conoscersi meglio e di conoscere meglio le rispettive interpretazioni, accettando che possano essere diverse».

Il dialogo interreligioso

«Il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose» (EG. 250).
Europa: dialogo interreligioso. Ultimo appello

Il dialogo interreligioso è oggi una delle sfide culturali più radicali del nostro tempo, una sfida inevitabile, fondamentale e urgente, non solo sul piano culturale e spirituale, ma anche sociale, politico e delle relazioni internazionali. Esso gioca un ruolo sempre più rilevante e talora decisivo nei processi d’integrazione culturale, d’inclusione sociale e di pacificazione. Contro ogni forma d’isolamento, di discriminazione, d’ignoranza, d’indifferenza, di disprezzo, d’ottuso radicalismo e feroce fondamentalismo, frutti avvelenati di una decadenza culturale e spirituale del genere umano, l’unica vera arma a nostra disposizione è quella della cultura e dell’educazione, della conoscenza reciproca e della responsabilità.

Solo l’accrescersi di una ragione che sgorghi dal dialogo, una ragione aperta al riconoscimento delle differenze nella piena consapevolezza della propria identità culturale e religiosa, può arginare le degenerazioni del radicalismo religioso”.

Natalino Valentini

La Chiesa e il dialogo interreligioso

da Nostra Aetate a papa Francesco

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi (NA 2)
Un atteggiamento di apertura nella verità e nell’amore deve caratterizzare il dialogo con i credenti delle religioni non cristiane, nonostante i vari ostacoli e le difficoltà, particolarmente i fondamentalismi da ambo le parti. Questo dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose. Questo dialogo è in primo luogo una conversazione sulla vita umana o semplicemente, come propongono i vescovi dell’India «un atteggiamento di apertura verso di loro, condividendo le loro gioie e le loro pene (EG 250)

Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

Nella domenica di Pentecoste del 1964, Papa Paolo VI istituì uno speciale dicastero della Curia Romana per le relazioni con persone di altre religioni. Conosciuto inizialmente con il nome di Segretariato per i non Cristiani, nel 1988 ebbe il nuovo nome di Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (P.C.D.I.).

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso si adopera nel promuovere il dialogo tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane.

Il Concilio Vaticano II ha trattato questo tema nella dichiarazione Nostra Aetate.

Purtroppo per molto tempo la tradizione iconografica cristiana si è compiaciuta nel raffigurare la Sinagoga come bendata, cioè impossibilitata a cogliere la novità contenuta in questi testi (biblici), dimenticando che la cecità interpretativa può colpire chiunque non si metta in obbediente ascolto di Dio.

(cardinale Kurt Koch)

Miniatura del XII secolo.

È tratta da un pontificale conservato a Reims (BM ms. 342, f. 11v). Vi si vede la Sinagoga, a sinistra, rappresentata con una benda sugli occhi (secondo un modello assai comune nell’iconografia del tempo), a indicare la sua cieca ostinazione nel rifiutare Cristo. La corona le viene strappata via dalla Chiesa: per il miniaturista tanto la corona di Davide (simbolo dell’elezione divina) quanto le sacre scritture appartengono legittimamente, oramai, solo a quest’ultima.

Ms. francese del XIV sec.

L’arcangelo Gabriele e Zaccaria. Chiesa e Sinagoga.

Cattedrale di Strasburgo

La Chiesa ha la corona sul capo, un calice nella mano sinistra e una croce con il vessillo della vittoria nella mano destra.

La Sinagoga ha una benda sugli occhi, volge il viso in basso, porta una lancia spezzata e lascia cadere a terra le tavole della vecchia legge.

Benvenuto Tisi detto Garofalo (Ferrara, 1481 ca. - 1559), L'Antico e il Nuovo Testamento

Nella lunetta in alto, un vecchio barbuto (dio padre con tanto di emblema trinitario) approva il disprezzo rivolto ai Giudei, al «popolo testimone»: un orientamento teologico che discende, appunto, da Sant’Agostino. Il «trionfo» ha come contraltare il castigo «divino» inflitto al popolo «deicida», per il rifiuto del messia e per la sua morte. Gli Ebrei testimoniano così il trionfo della chiesa cattolica e ne fanno emergere la superiorità. Quello che era il popolo eletto diventa il popolo reietto, soppiantato dalla Chiesa che lo ha sostituito ed è divenuta il nuovo Israele.

Vetrate della Chiesa abbaziale di Saint-Denis di Parigi

Cristo coronato e aureolato occupa il centro del pannello. Sul petto sono rappresentate in piccoli cerchi le sette colombe dello Spirito Santo. A destra del Cristo vi è la Chiesa coronata e alla sua sinistra la sinagoga con le Tavole della Legge. Il significato del dipinto è nelle gesta del Cristo: l’incoronamento della Chiesa e la rimozione del velo dalla Sinagoga così che possano testimoniare di Lui e della sua grazia. La rimozione del velo è la nuova luce che Cristo dà al Vecchio Testamento per mezzo dello Spirito per illuminare i cuori dei credenti. Il pannello si basa sulle parole di Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi: "E’ solo grazie alla conversione al Signore che il velo cade" (2 Cor 3-16).

Credits:

Creato con immagini di Couleur - "sculpture bronze figure" • s2dent - "menorah candles light"